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Lettera da Londra 10 / Welcome to Londonistan


Questa decima (e forse ultima) lettera da Londra la scrivo da Muswell Hill, un villaggio in collina nella parte settentrionale della città. Sono venuto qui oggi per salutare vecchi amici inglesi che conosco dagli anni ’80, quando abitavano in una specie di Comune sui generis ad Highgate, non lontano dal cimitero che conserva la tomba di K.M. In quegli anni, oltre a tenere in ordine il loro giardino, seguivo anche videocorsi di lingua alla BBC con Barry Tomalin, l’ideatore di Follow Me, esportato in tutti i continenti, e con altri colleghi da tutto il mondo.

Intendevo consumare l’ultimo breakfast in un caffè prima di vedere a pranzo gli amici, ma l’odore rancido del bacon e dei fagioli in salsa di pomodoro ingurgitati dalle famigliole domenicali mi aveva fatto fuggire verso una panchina di Alexandra Park, con vista su gran parte della città e lo Shard di Renzo Piano oltre il Tamigi, in una giornata di sole e vento.

Il giorno prima avevo salutato un amico italiano che fa l’architetto qui; l’appuntamento era in un vecchio pub storico a Swiss Cottage, ma anche da lì siamo fuggiti presto, vista l’atmosfera squallida della taverna, popolata da individui solitari che in silenzio buttavano giù pinte su pinte di pale ale e si alternavano alla toilette.

Oggi l’Observer, come tutte le domeniche, pubblica un inserto sul cibo: sfogliandolo, chi vive qui da tempo, come chi vi scrive, non può fare a meno di notare la distanza siderale fra le improbabili fantasie gastronomiche stampate soprattutto durante il weekend e la realtà quotidiana dell’abitante medio della Londra da bere.

La quale Londra ha da poco un nuovo sindaco, laburista e musulmano,

Sadiq Aman Khan, figlio di autista pachistano di bus, che ha sconfitto il biondo rampollo conservatore (famiglia miliardaria), che aveva improntato la sua campagna elettorale sul taglio tipo: “non votate quello perché è un amico dei terroristi islamici”. Quando il gioco si fa duro, i compassati Brits buttano il fair play dalla finestra e si mostrano per quello che penso di loro da circa 50 anni.

Dando un’ occhiata ai voti ricevuti dai vari candidati a sindaco (12 in tutto) si vede che Khan ha avuto circa un milione e mezzo di preferenze, Zac Goldsmith (l’uomo di Cameron) circa poco più di un milione e gli altri 10 in tutto un milione e 300.000. Considerato che ha votato il 45% degli aventi diritto (percentuale molto alta per questa circoscrizione) e che la popolazione di Londra vede quasi 9 milioni di abitanti, mi chiedo quanti milioni di cittadini non hanno espresso la loro scelta o sono stati emarginati dalle liste elettorali.

Ad ogni modo Khan ha suscitato grandi aspettative ed ha davanti a sè un compito immane e disperato: provare a trasformare una delle metropoli più inquinate d’Europa, contrastare la criminalità in forte aumento (compreso quella giovanile, dilagante anche nelle scuole con bande di giovani che si scontrano armati di coltelli), applicare realmente i diritti delle “minoranze” che ormai arrivano vicine al 50% della popolazione. Una cosa che qui mi fanno notare a pranzo gli amici inglesi, e che non vedo da nessuna parte sulla stampa locale (non parliamo degli scribacchini italiani o degli inviati tv incensanti la British way of life) è che il neo-eletto sindaco avrà una vita molto dura nei confronti del governo conservatore, che ha già tagliato da tempo i rubinetti economici al Galles, reo di avere un governo a maggioranza laburista ora rinnovata, e che chiede più indipendenza da Londra. Come anche e di più la Scozia, che nell’ultima tornata elettorale ha pressochè azzerato i seggi laburisti a Holyrood e che in caso di Brexit chiederà un secondo referendum per l’indipendenza, arrivando ad una possibile adesione alla UE.

Personalmente spero che l’isola scelga la Brexit, così le cose saranno più nette per tutti, ma qualcosa mi dice che i mercanti della City e del Temple spingeranno verso una “Bremain”, così ci ritroveremo ancora in Europa uno dei centri maggiori di riciclaggio del danaro sporco di tutto il mondo.

Questa è l’economia, bellezza, come l’ammissione della CIA di questi giorni pubblicata dal Sunday Times di avere contribuito ad incarcerare Nelson Mandela tanti anni fa: no comment, come si dice qui.

Ho sentimenti misti collegati al mio rientro in Italia dopo quasi 3 anni di perfida Albione e a 50 dal mio sbarco sull’isola come giovane e spaesato studente (vedi mia prima lettera da Londra nel 2013). Tenterò di esternare tutto questo il 24 maggio a Ravenna, durante la presentazione del mio secondo libro fotografico (Overseas, Oltremare, Altrimari) con accompagnamento di fish & chips alla romagnola (birra o trebbiano?) in una storica osteria della città.

Entro l’estate vorrei pubblicare anche un album fotografico con alcuni testi su questi ultimi anni in Inghilterra.

Chiudo qui la lettera, sono tornato in città e dentro la folla di Smartphone Zombies, neologismo inglese che vi regalo, ovvero masse vaganti di individui (Fritz Lang? George Orwell?) che non staccano gli occhi dal piccolo schermo che li avvince e li conduce come sonnambuli verso la società atomizzata.

PS- Vi allego una breve lettera arrivata da amici andati con una Ong a Calais, per recuperare un po’ di umanità, dopo tutto:

FESTA DELLA MAMMA

Buona domenica, e buona festa della mamma, con questa mamma e questa figlia, sbarcate a Lesvos da un gommone che non si sa se sarebbe affondato, e per questo la mamma, prima di partire, ha attaccato un pezzo di polistirolo alla schiena della figlia, e un pezzettino di polistirolo più piccolo sulla pancia, perché di pancia si respira e non poteva attaccarci un pezzo più grande.

E poi la mamma ha unito tutto con lo scotch, che è stato un modo per la mamma di baciare la figlia, come se lo scotch potesse davvero unire e tenere se l'acqua avesse superato il livello delle gambe. Comunque il gommone non è affondato e il loro cammino da siriane scappate dalla guerra può continuare. Anche oggi, che è domenica, ed è la festa della mamma.

Buon cammino a tutti, ma soprattutto a questa madre e a questa figlia. Viva le mamme.

Saverio Tommasi

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Foto di Francesco Malavolta, amico e compagno di viaggio.


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