Lettera da Londra 01
Eccomi qua, nella perfida Albione del terzo millennio e soprattutto nella capitale di un regno che mi sembra presentare aspetti talmente contrastanti a chi vive qui da settembre, come chi vi scrive, e non fa solo il turista per caso, come le migliaia di persone che invadono come pecore continentali intruppate i passaggi obbligati del turismo mordi e fuggi in 48/72 ore nella Londra da bere.
Il Regno Unito lo avevo già conosciuto prima come spaesato e provinciale studente universitario a metà anni 60 (alcune foto del mio libro Controvento furono scattate a Londra), poi lavorando all’università agli inizi degli anni 70 nella zona di Manchester, poi ancora negli anni a seguire in giro per la Scozia, il Galles e l’Irlanda (quella vera, la Repubblica dei perdenti storici impietosamente raccontati da Joyce in Gente di Dublino; a proposito, andatevi a leggere l’ultima traduzione dell’Ulisse fatta da Gianni Celati, correlatore della mia tesi nel 1970 a Bologna, e uscita da poco: sono solo circa 800 pagine che vi danno un’idea dell’universo irlandese del secolo scorso ma estremamente moderno).
Oggi l’isola (quella britannica) mi sembra mantenere alcuni tratti del passato; Londra è una cosa totalmente a sè, un ibrido, un impasto di moderno e feudale che ancora più di Parigi è avvertito come avulso dal contesto nazionale dagli stessi inglesi (just another world, or universe, or whatever you want to call it).
I londinesi, o almeno i britannici di razza bianca che abitano nella capitale e con cui parlo, si sentono invasi da 2 fenomeni principali: la massiccia immigrazione da molti paesi, europei e non, e la presenza del capitale immobiliare degli Emirates e di quello russo e cinese.
A chi prende in affitto un appartamento in centro a Londra, dopo la pressante richiesta di solvibilità da parte del landlord (che quasi mai è il reale proprietario dell’immobile) salta agli occhi una prima cosa: qualunque operaio, manovale, idraulico, muratore, imbianchino, tecnico della lavatrice o degli elettrodomestici, carpentiere, istallatore tv o di rete internet, fattorino, operatore di call center e altro, molto altro, non è British di razza bianca ma appartiene a quella giungla di nazionalità che materialmente tiene in piedi dalla mattina alla mattina dopo questo paese e i suoi servizi essenziali, dal Sistema sanitario nazionale (che subisce tagli su tagli) al personale di pulizia delle strade ai trasporti pubblici e privati.
In Italia ricordo di avere partecipato a una giornata di sensibilizzazione sulla presenza degli immigrati nel nostro paese e al virtuale “sciopero” per un giorno dei medesimi che lavorano nei vari settori; qui l’effetto reale sarebbe almeno 10 volte più paralizzante e destabilizzante.
In giro per il centro della capitale mi indicano i mostri di cristallo e acciaio che contengono appartamenti superlusso acquistati da ricconi arabi o russi o cinesi e vuoti per il 90% dell’anno(non vi dico i prezzi, sono da superbolla speculativa che prima o poi scoppierà); sono preferiti quelli nella zona di Harrod’s a Knightsbridge (assediata da un continuo traffico convulso e insensato alla faccia della congestion charge-tassa per abbassare l’inquinamento atmosferico) per uno shopping riservato e milionario.
Il tratto comune che avverto ancora oggi rispetto ai miei tempi passati in questo paese (oltre al ferreo classismo riconosciuto candidamente anche da vecchi amici inglesi laburisti ritrovati dopo anni) è invece una linea rossa, persistente ed esibita, di militarismo: pochi giorni fa era il Remembrance Day, per ricordare i caduti britannici di tutte le guerre.
Londra aveva il centro senza traffico (ottima cosa in una fredda giornata di sole con l’Union Jack che garriva al vento) invaso da pedoni e soldati in uniforme di tutti i tipi con la coccarda in forma di papavero al petto e chi poteva con decine di medaglie sul medesimo, orazioni e discorsi, fanfare e musiche, picchetti militari attorno all’ Abbazia di Westminster etc.
Una rete televisiva (RT) con una rubrica (Underground) faceva rilevare sere fa che il reclutamento dei soldati parte dai 16 anni, età in cui è vietato fumare ma in cui è possibile arruolarsi e uccidere il nemico terrorista in Afghanistan, Kenia (new entry) o altrove; casi di istabilità mentale sono denunciati come numerosi fra le truppe britanniche soprattutto in giovane età, con conseguenze dirompenti su queste generazioni.
Si sta avvicinando, oltre al natale preannunciato da ottobre con spot, posters e imbonitori nelle tv commerciali che martellano sui regali da fare e da farsi, la stagione invernale; dicono che sarà uno degli inverni più freddi negli ultimi 10 anni.
Nel frattempo le maggiori società di gas e elettricità (quindi riscaldamento) hanno deciso di aumentare le tariffe di circa il 9% a partire da subito: le fasce più colpite saranno quelle popolari e degli anziani; il titolo recente di un tabloid diceva: OLD and COLD this winter.
Una campagna che difende gli utenti denuncia la formazione di un cartello fra di loro per uniformare le tariffe, quindi anche chi vuole cambiare compagnia per tentare di risparmiare è in un cul de sac, come qui chiamano con affettuoso francesismo le vie senza uscita, sia stradale che in senso più ampio.
A questo si somma un fenomeno sociale che colpisce circa 9 milioni di cittadini, e cioè l’impossibilità di far fronte ai debiti e pagare i mutui rateali; diverse chiese e charities stanno cercando di aiutare queste persone in una campagna di massa che emerge con forza anche sui titoli dei media quasi quotidianamente.
Mi fermo qui per ora, care amiche e amici italiani, e se queste note vi sono state di qualche interesse fatemelo sapere, oppure mandatele in giro o ancora chiedetemi di questo paese che si sta preparando ad un referendum sulla scelta di rimanere (diciamo così) o uscire definitivamente dall’Europa: l’Economist ha già aperto una consultazione popolare online e da qui alle prossime elezioni europee e politiche in Gran Bretagna vedrete che si solleverà molta polvere, alla faccia del pragmatismo di questa parte della Manica.
Ps di lettera da Londra di Maurizio Masotti
Alcuni amici mi chiedono di aggiungere una breve appendice alla mia lettera con un paragone alla situazione italiana:
una prima considerazione è che ora più che mai questa mi sembra una reale isola, non solo geografica, al di là delle 2 ore o poco più di aereo che ci vogliono per arrivare qui nella capitale dal continente europeo.
Alcuni segni comuni con la situazione continentale si avvertono però sulle piccole cose.
Alcune sere fa camminavo lungo il sentiero pedonale prima del Vauxall Bridge sul Tamigi (la grigia mole del palazzone dei servizi inglesi MI6 è imponente sulla riva sud) e uno spilungone inglese imbacuccato (tramonto luminoso e gelido) stava dipingendo ad acquerello le rive del fiume che in quel luogo ricorda la triste Londra industriale.
Abbiamo cominciato con lo small talk (chiacchiere generali sul tempo) ma dopo 10 minuti lui ha rovesciato su di me le sue considerazioni sulla società inglese, mi ha chiesto dell’Italia (era stato a Napoli, Palermo e Cefalù) e del fatto che per molti britannici ora il problema della sicurezza sembra concentrarsi sulla presenza dei Rom (che qui chiamano Roma) che secondo lui dovevano essere rinchiusi e sorvegliati.
Su questo i tabloid inglesi (i loro livelli di spazzatura sono difficilmente eguagliabili, ma sono letti in massa) sparano ultimamente a zero.
Espandendo il discorso gli ho fatto osservare che se dalla mattina alla sera tutti i migranti nel Regno Unito scomparissero in 3 giorni il Regno stesso collasserebbe (lui lo ha ammesso a denti stretti, con la tipica noncuranza British).
L’artista dilettante ha detto anche che si libererebbe volentieri dei parassiti scozzesi che succhiano soldi allo stato e non lavorano mai, dando sempre la colpa al potere centralizzato; in Scozia sta ora montando la campagna per il referendum (fissato per settembre 2014) sulla autonomia da Londra (Sean Connery fino a qualche tempo fa era uno dei maggiori testimoni; un amico inglese mi ha detto che la sua residenza è comunque all’estero e lui non paga tasse all’odiata Albione). A questo proposito il governo scozzese ha fatto uscire da poco un libro bianco di circa 600 pagine chiamato Scotland’s Future, in cui si prefigura a chiare lettere la volontà di indipendenza da Londra: Braveheart ricomincia a galoppare, inseguito da nemici esterni ma anche interni.
Il pittore in erba mi ha infine chiesto se Berlusconi andrà in prigione o se scapperà in Brasile: l’ho aggiornato sulla legge italiana e sul caso legale, non potendo dare risposte sull’alternativa.
Ci siamo salutati che era quasi buio; lui sarebbe tornato il giorno seguente, non avendo potuto terminare il dipinto, anche per il tempo a me concesso, ma non me ne voleva comunque.
Questi sono gli spizzichi che colgo in giro parlando con la gente; proverò a metterli assieme per tentare di formarmi un quadro di comprensione di questa società oggi.
Le analogie comunque con l’Italia o i 2 paesi europei in cui sono vissuto negli ultimi 10 anni (Austria e Germania) sono in netta minoranza rispetto alle differenze; tuttavia le migrazioni di migliaia di persone da un paese all’altro sono avvertite, contrastate, accettate o negate dappertutto in questa vecchia Europa, realtà comune con cui fare i conti, e anche velocemente, mi sembra di capire.
Nelle ultime settimane è esploso (non solo sui tabloid spazzatura) il caso dei migranti provenienti dalla Romania e dalla Bulgaria: da gennaio 2014 dovrebbero sparire alcune limitazioni di accesso in questo paese per loro: il primo ministro sta mostrando i muscoli su questo, anche perché rischia una spaccatura all’interno del suo partito tra i cosiddetti falchi e le colombe.
In breve il governo conservatore tenta di introdurre misure di restrizione che scoraggino i potenziali nuovi arrivi, non solo dai paesi dell’est Europa, modificando i meccanismi di assistenza sociale e sanitaria, housing benefits e così via.
Per chiudere qui, Londra ha almeno 2 fronti aperti: uno a nord verso Edimburgo e l’altro a sud est, non solo geografico ma politico di collisione con la commissione europea sui diritti di spostamento all’interno della Unione.
Almeno questa volta il Times non potrà uscire con il titolo: il Continente è isolato…